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La 'Pineta di Caprezzo' è il risultato di rimboschimenti di conifere, soprattutto abete rosso e larice, che probabilmente sono stati eseguiti con la 'Legge Fanfani' nel primo dopoguerra con lo scopo di recuperare a fini produttivi superfici pascolive e/o prative abbandonate o in via di abbandono.
Da almeno 30 anni in stato di abbandono colturale, l'area è ora composta da ampi tratti di abeti rossi maturi e della stessa età, quindi molto suscettibili agli effetti del bostrico (un piccolo coleottero parassita), ai danni da vento e da incendio. In linea con gli obiettivi del programma "Parchi per il Clima" che prevede la rinaturalizzazione delle pinete, l'Ente Parco Nazionale della Val Grande ha avviato l'«Intervento selvicolturale di disetaneizzazione finalizzato alla rinnovazione naturale e alla mescolanza con latifoglie nella 'Pineta di Caprezzo'».
Grazie alla riduzione delle conifere presenti, il progetto ha come obiettivo quello di riportare il bosco ad un maggiore stato di naturalità, favorendo le specie autoctone - quali faggi, betulle, castagni e aceri di monte - stimolando la rinnovazione naturale, aumentando al tempo stesso la resistenza e la resilienza dell'habitat e riducendo la probabilità di incendi e dissesti idrogeologici. Gli interventi permetteranno anche di perseguire un modello di gestione sostenibile in cui i prelievi futuri di biomassa siano ridotti, ma di alto valore tecnologico e commerciale, il legname da opera assicurerà in questo modo un prolungamento temporale dello stock di carbonio. I lavori, tutti dislocati su terreni di proprietà del Comune di Caprezzo, sono iniziati in primavera 2024 e termineranno a dicembre 2024.
Il trattamento adottato, in considerazione della presenza di area a tutela, nonché degli obiettivi, delle strategie adottate è conforme a quanto indicato delle misure di conservazione della rete Natura 2000, delle misure sitospecifiche degli ambienti forestali, dal Piano Forestale Aziendale e dal Regolamento Forestale Regionale 8/R e s.m.i.
"Si tratta di una serie di interventi forestali importanti - spiega il dott. Forestale e Ambientale Igor Cavagliotti incaricato dell'Ente Parco della progettazione - perché è la dimostrazione che, con indici di prelievo contenuti, sia possibile fare selvicoltura anche in un'area protetta senza arrecare danni all'ambiente ma anzi, favorendone la rinnovazione del bosco e la stabilità ecologica e generando economia circolare locale, dal lavoro che le opere comportano fino alla vendita del materiale legnoso che si ricava."
"Con questi interventi – aggiunge il Presidente Luigi Spadone – il Parco fa, non solo una corretta gestione forestale ma riesce anche a generare una, seppur piccola, entrata economica per le casse comunali. La legna tagliata viene infatti lasciata ai singoli comuni che possono così procedere, tramite bandi, alla vendita del legname. Sappiamo bene come, per piccoli comuni di montagna, ogni risorsa rappresenti un importante aiuto per mantenere e creare servizi per i residenti."